lunedì 26 ottobre 2015

Investire in un nuovo amore: la paura di perdere se stessi


"Lo guardai. I suoi occhi brillavano come sempre della loro avida luce;in quel momento sentii di voler bene a Martin e di voler bene anche al vessillo dietro il quale marciava dall'inizio della sua vita: il vessillo dell'eterna caccia alle donne. Col passare degli anni, in quella caccia alle donne, queste diventavano sempre meno importanti, rispetto alla caccia in quanto tale. Ed ecco... al di sopra di questa realtà, al livello di un'innocente e commovente illusione, continua la giovinezza di Martin, irrequieta, allegra e vagabonda, una giovinezza trasformata in un semplice gioco che ormai non riesce più a superare le linee entro il quale si svolge". 
(Amori ridicoli - M. Kundera)

Paura di crescere, angoscia di fallimento e fragilità. Spesso sono questi i sentimenti che animano il moto perpetuo di colui che teme le responsabilità dell'amare una persona sola. Coltivare più rapporti superficiali può certamente gratificare nell'immediato, accrescere l'autostima e tenerci lontani dal "pericolo" di vivere con intensità. Guardare dentro l'altro con intensità significa innanzitutto guardare dentro di noi, misurare paure e desideri, correre il rischio che essi non coincidano con quelli di chi abbiamo di fronte e mettere in conto una possibile retromarcia. Che sarebbe vissuta come un fallimento. E il fallimento infragilisce, e molte volte infragilisce così tanto da renderci degli esseri di vetro, incapaci di sopportare attriti e continuamente in bilico tra le scosse della vita, spesso troppo trasparenti di fronte a chi ci conosce bene, a chi cerca per noi, a volte goffamente, una parola di conforto. Noi, esseri di vetro figli del fallimento, diventiamo così pericolosamente a rischio di esplosione a un tocco meno leggero, pronti a gettar fuori con violenza frammenti taglienti di rabbia.
Quando parliamo di amare un solo "altro" e dedicarsi a lui con attenzione e trasporto, troppo spesso confondiamo il coinvolgimento con il concetto generale di impegno, che porta con sè un'idea di sacrificio, di perdita di una parte di noi in nome di un adattamento che odora di compromesso, quasi come fossimo un liquido che si adatta, placido, al suo contenitore. Donarsi può a volte significare perdere il controllo, per un tempo variabile, ma quasi mai perdere se stessi.
Eppure a volte, la paura di perdere noi stessi, la nostra indipendenza, ci spinge a coltivare quella libertà che tanto amano i fanciulli, la magia del correre nel vento senza preoccuparsi di dove finirà la collina, cercando di afferrare l'aria tra le mani, consci del fatto che non sarà possibile trattenerla, e che non l'avremo deciso noi.

lunedì 19 ottobre 2015

Troppa libertà rende davvero felici?





"Quando tutto è possibile non si ottiene la libertà. Si ottiene la paralisi. Se rompete la sfera in modo che tutto diventi possibile diminuite la soddisfazione, accentuate la paralisi, e riducete il benessere. Tutti hanno bisogno di una sfera. Questa è certamente troppo stretta, forse persino per il pesce e sicuramente per noi. Ma l'assenza di qualche simbolica sfera è una ricetta per l'infelicità e, temo, per la rovina". B.Schwartz